Ricci di mare (paracentrotus lividus)

Ricci di mare fanno benissimo alla salute del nostro cuore

I ricci di mare sono animali molto conosciuti e alcune specie sono talmente diffuse nei litorali del Mar Mediterraneo tanto da rendere difficile la balneazione.

Il riccio di mare più comune nel Mediterraneo è il paracentrotus lividus della famiglia degli Echinidae. È detto anche “riccio femmina”, a causa dell’errata convinzione che si tratti dell’esemplare femminile del riccio nero dalle lunghe spine (arbacia lixula), che in molti chiamano maschio e che invece appartiene a un’altra famiglia di Echinodermi, quella degli Arbaciidae.

La particolarità dei ricci di mare è il fatto che il loro corpo è formato da un dermascheletro rigido costituito da diverse piastre saldate assieme che assumono una consistenza rigida e provviste di aculei più o meno vistosi a seconda della specie. I ricci di mare (come tutti gli echinodermi) sono animali esclusivamente marini e sono poco tolleranti nei confronti delle variazioni di salinità a causa della loro anatomia.

Si nutre di alghe ma anche di piccoli animali e spugne, ed è tra i pochi organismi in grado di cibarsi direttamente delle foglie di Posidonia oceanica principalmente nelle ore notturne. Anche se vive nelle zone meno profonde e quindi più luminose ha bisogno di ombra e quindi si ricopre con pezzetti di Posidonia, sassolini e conchiglie, che vengono trattenuti con i peduncoli a ventosa.

Per quanto riguarda la commestibilità, il riccio è una specie molto ricercata per la prelibatezza delle sue “uova” o meglio gonadi, che vengono consumate prevalentemente crude accompagnate da pane e vino, mentre in cucina vengono usate per la preparazione di numerosi piatti, tra cui gli spaghetti al riccio di mare. Le uova si possono trovare anche confezionate in vasetti sotto vetro.

Si mangia anche la polpa arancione contenuta nel riccio. Per aprirli esiste una apposita forbice “taglia ricci”, oppure si può usare una forbice qualsiasi.

Il periodo migliore dell’anno in cui gustarli è l’inverno, tra gennaio e febbraio. Attenzione però che in alcune zone ci sono dei periodi in cui ne è vietata la pesca, per cui prima bisogna consultare le ordinanze locali a riguardo.

In Italia le regioni dove vi è molta richiesta sono quelle meridionali dove vengono anche organizzate per tradizione popolare sagre e manifestazioni culinarie.

Anche se finora le loro proprietà benefiche per l’organismo sono state sempre sottovalutate, e i ricci sono sempre stati consumati prettamente per il loro ottimo gusto, a quanto pare sono anche dei veri e propri toccasana per il cuore.

Un team di scienziati guidato da Imma Castellano e Anna Palumbo, due ricercatrici della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, in collaborazione con la Prof.ssa Assunta Pandolfi dell’Università di Chieti, ha infatti condotto uno studio sui ricci di mare, permettendo di fare un’eccezionale scoperta: la presenza in questi animali di alcuni composti, chiamati Ovotioli, in grado di proteggere la salute del nostro sistema cardiocircolatorio.

I ricercatori hanno sperimentato le molecole sulle cellule endoteliali umane, ossia quelle che rivestono la superficie interna dei vasi sanguigni, dei vasi linfatici e del cuore. Le cellule sono state isolate dalla vena di cordone ombelicale di donne affette da diabete gestazionale e di donne sane.

Con la somministrazione delle molecole di Ovotiolo si è riscontrata nelle cellule una notevole riduzione dei livelli di radicali liberi e un aumento dei livelli di una piccola molecola (ossido nitrico) nota per favorire il flusso del sangue e la funzionalità del sistema vascolare.

Secondo i ricercatori campani gli Ovotioli potrebbero quindi essere impiegati dunque per la formulazione di nuovi integratori alimentari utili per proteggere la salute di cuore e sistema cardiocircolatorio.

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Tutta la voluttà del riccio

Sono i mesi migliori per la pesca dei ricci di mare, dalla Puglia alla Sicilia, dalla Sardegna alle coste campane. Cibo sensuale, da gustare freschissimo su una fetta di pane o da valorizzare in piatti intensi. Come ci insegnano gli chef. Con i consigli per riconoscerli, aprirli e conservarli

Pochi alimenti hanno una differenza tanto stridente tra il nome scientifico e la voluttà in bocca come il riccio di mare. Il Paracentrotus lividus , che appartiene alla categoria degli echinodermi (dal greco ekhinos= punta, e dérma=pelle) è un frutto di mare “dal corpo globoso ricoperto da aculei pungenti”. Eppure è considerato da buongustai e chef uno dei cibi più sensuali. Addirittura afrodisiaco.

Nulla di meglio per una cena romantica. Secondo Emanuele Scarello del ristorante Agli Amici di Godia, neo due stelle Michelin, i ricci non sono da meno di un altro frutto di mare considerato ‘erotico’: “Sono un po’ la versione nostrana delle ostriche, ne adoro aroma, colore e consistenza”.

Concorda Mauro Uliassi, due stelle Michelin a Senigallia: “sono così femminili, con quel profumo di mare e la sapidità intrigante. Ricordano Venere che viene fuori dalla spuma del mare. I miei preferiti sono quelli che vivono tra le alghe, sono più saporiti di quelli di sabbia o di roccia, hanno un sentore spiccato di sedano”.

Insomma la parola chiave è femminilità. Non a caso si pescano solo i “ricci femmine” (quelli con un pigmento detto spino cromo, che dà tonalità che vanno dal marrone al rossiccio e ancora al violaceo e al giallognolo, che lo distinguono dal cosiddetto riccio maschio o Arbacia ligula). Anche se in realtà i ricci sono ermafroditi.

Le zone dove la pesca è più ricca sono la penisola salentina (in provincia di Lecce), la Sardegna e la Sicilia. La bontà del riccio sta in quelle perline che si trovano all’interno dell’endoscheletro: sono le gonadi, ovvero le ghiandole che producono sia spermatozoi che uova. Ricche dell’aroma dei fondali marini, nella penisola salentina si usa mangiarle crude togliendole con un cucchiaino e magari accompagnanodole con pane e taralli. Anche in Sardegna si consumano crudi ma molto di più per la preparazione della pasta: gli spaghetti o i fusilli ai ricci di mare. Stesso piatto in voga anche nel Napoletano ma con il ricorso alle linguine. Pasta e sempre pasta in Sicilia dove tra i più apprezzati sono i ricci di Mazara, e quelli del litorale che va da Scoglitti a Pozzallo e che sono carichi di uova tra la fine dell’inverno e la primavera. Ma c’è chi mette il riccio anche sulla pizza una volta cotta.

Riconoscere i ricci freschi

Se avete la fortuna di trovare i ricci freschi riconosceteli così: devono avere gli aculei che offrono resistenza, se si spingono con le dita, e il foro al centro della rosa di aculei ben serrato.

Aprire i ricci

Per aprire il riccio, lo si prende con una mano protetta da duanti da lavoro e se ne taglia la calotta superiore orizzontalmente con le forbici o – meglio ancora – con l’apposita pinza taglia ricci. Una volta aperto si eliminano i filamenti nerastri, senza rompere il delicato corallo.

Si mangiano preferibilmente crudi, intingendo il pane nella ‘coppetta’ naturale. Qualcuno aggiunge una goccia di limone, altri ne preferiscono il sapore schietto, dolce e salmastro.

Conservazione del prodotto fresco

La raccomandazione è di estrarre subito le gonadi e conservarle – per due giorni al massimo – a una temperatura intorno ai tre gradi, ideale per evitare che l’acqua intracellulare cambi densità, alterando consistenza e sapore.

Polpa di riccio in scatola

I prodotti dell’industria conserviera stanno raggiungendo ottimi livelli di qualità. La “polpa di riccio” in scatola garantisce contro i problemi della la carica batterica, che all’ interno del guscio si moltiplica piuttosto rapidamente e non altera le qualità organolettiche grazie alle tecnologie moderne, visto che viene  “stabilizzata” con una termizzazione leggera sotto pressione ed è è un po’ come la scorta di polpa di pomodoro di una volta, per i mesi in cui la pesca è vietata.

Articolo tratto da L’EspressoFood&Wine

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